Lasso di tempo e musica: il viaggio di un ex chitarrista tra carcere e redenzione raccontato da Tutta Colpa Del Rock
Un racconto arricchito dalla passione per la musica e dal potere rigenerante delle relazioni affettive prende vita nel film italiano “Tutta Colpa del Rock”, distribuito dal 28 agosto 2025 nelle sale cinematografiche. La pellicola, diretta da Andrea Jublin e prodotta da PiperFilm con Netflix, esplora come la musica possa trasformare la vita anche nei luoghi più difficili, come il carcere, e offre uno sguardo sulle fragilità umane attraverso una storia intensa ed emotiva applaudita al Giffoni Film Fest.
Lillo Petrolo e il legame profondo con la musica rock
Lillo Petrolo, comico e musicista, porta avanti da anni un forte legame con la musica rock che risale ai suoi 15 anni, quando suonava in gruppi rock indossando un giubbetto di pecora con grande entusiasmo. Questa passione gli ha permesso di vivere esperienze particolari, come le esibizioni nelle carceri insieme al collega Greg, che gli hanno mostrato la fragilità e la complessità dell’animo umano in contesti estremi. Nel film interpreta Bruno, un personaggio profondamente segnato da errori e difficoltà, ma proprio la musica diventa per lui la chiave per affrontare un percorso di cambiamento.
La storia di Lillo si intreccia anche con un episodio personale recente: un ricovero per Covid che lo ha tenuto in terapia intensiva. Durante quel periodo, la musica rock è stata la compagnia che ha contribuito a spingerlo verso la ripresa, un fatto che lui stesso definisce come “la dimostrazione del potere dell’energia musicale sulla salute, con il medico che gli ha sottolineato l’importanza dell’energia nell’attivazione degli anticorpi.” Questa esperienza ha rafforzato la sua convinzione riguardo alla forza terapeutica della musica, elemento centrale nel film.
Trama Di Tutta Colpa Del Rock: tra carcere, musica e promesse da mantenere
Il film racconta la vicenda di Bruno, ex chitarrista rock caduto in disgrazia a causa dei suoi difetti: bugiardo, egocentrico, assente come padre. La sua vita prende una piega drammatica e, dopo una serie di episodi sfortunati e tragicomici, termina in carcere. In un ambiente tanto chiuso e rigido, Bruno scopre però una chance inattesa: formare una band con altri detenuti per partecipare al Roma Rock Contest. L’obiettivo è vincere il premio in denaro per mantenere una promessa fatta alla figlia Tina: portarla negli Stati Uniti per un tour leggendario dedicato al rock.
La vicenda mette al centro il valore delle relazioni e come queste, anche nei contesti più ostili, possano rappresentare uno slancio verso la rinascita personale. Le dinamiche tra i personaggi e la musica stessa diventano un mezzo per superare paure e solitudini, trasformando la sofferenza in speranza.
La regia di Andrea Jublin e il messaggio sulle relazioni nei luoghi di detenzione
Andrea Jublin, regista del progetto, ha scelto il carcere come ambientazione per raccontare le relazioni affettive in condizioni estreme. Spiega come questo luogo possa essere visto anche come un simbolo di speranza grazie alle possibilità che offre di confronto e cambiamento. Nel film le relazioni svolgono una funzione cruciale: nonostante si tratti di uno spazio “brutto e costrittivo”, la presenza dell’amore e degli affetti può salvare, trasformando la prigionia in uno spazio umano.
Jublin sottolinea che dentro il carcere si sviluppa un intreccio di solitudini che trovano rimedio nel coraggio di affrontare i sentimenti e la realtà. La storia, quindi, solleva un tema sociale attuale legato alle condizioni dei detenuti e alle opportunità di recupero personale tramite la condivisione e il supporto reciproco. Il film invita a guardare oltre l’apparenza di un ambiente chiuso, rivelandone la dimensione di umanità e possibilità di rinascita.
Il valore terapeutico e sociale della musica secondo i protagonisti
Per Lillo, la musica rappresenta “la cosa più umana del mondo” perché aiuta a tirare fuori gli aspetti più profondi dell’essere. Questo concetto si riflette nel film e si estende alle esperienze di chi vive la musica come strumento di espressione e guarigione. Anche Naska, altro protagonista e musicista, ribadisce questo legame sottolineando un episodio concreto: durante un concerto di Ozzy Osbourne, tipicamente associato a un pubblico “metal”, l’emozione ha superato i confini del duro e del puro e molti fan si sono commossi.
Naska racconta di come la partecipazione al film sia stata un’esperienza significativa, perché unisce la passione per la musica e quella per il cinema, due arti capaci di raccontare storie intense e vere. La costanza del suo interesse per il grande schermo lo porta a frequentare le sale almeno una volta alla settimana e a guardare un film ogni sera, sottolineando l’importanza della narrazione artistica per vivere emozioni diverse.
“Tutta Colpa del Rock” si inserisce quindi in una tradizione cinematografica che porta al centro storie di persone segnate dalla vita e dalla società, ma che trovano nella musica la strada per ricostruire identità e rapporti umani, mettendo in luce temi di attualità legati alla giustizia, alla fragilità emotiva e alla forza delle passioni.
