Venezia 2025, la mostra del cinema tra le voci di guerra e la riflessione sul lavoro precario

di Andrea Presto

Venezia 2025, cinema tra conflitti e precarietà lavorativa. - Ilvaporetto.com

La Mostra del Cinema di Venezia del 2025 si è aperta con un programma che mette in scena drammi reali e tensioni globali, offrendo uno sguardo forte sulla crisi contemporanea. Tra le opere più attese spicca il film della regista tunisina Kaouther Ben Hania che racconta la tragedia di una bambina di Gaza, mentre sullo sfondo si intrecciano storie di guerra, precarietà lavorativa e riflessioni esistenziali.

“The Voice of Hind Rajab”: il film che porta la voce di Gaza a Venezia

Il lavoro della regista Kaouther Ben Hania, “The Voice of Hind Rajab”, ha già conquistato gli appassionati e la critica presenti al festival veneziano. Il documentario racconta il dramma di Hind, una bambina di cinque anni, rimasta intrappolata per diciotto ore in un’automobile con alcuni parenti morti nella striscia di Gaza. La sua voce al telefono diventa l’unico filo di speranza e dolore vero, quello di una tragedia che si svolge in tempo reale, senza filtri o spettacolarizzazioni.

Questo film si distingue per la sua capacità di presentare il conflitto in modo diretto e senza retorica, mettendo al centro la dolorosa realtà di Gaza e portando una testimonianza che soffia sulle contraddizioni del governo Netanyahu. La scelta di focalizzarsi su una voce così fragile eppure resistente ha dato alla Mostra un forte segnale politico e civile, che apre spazi di riflessione sulle conseguenze umane di un conflitto ancora aperto. La pellicola ha suscitato interesse internazionale e viene considerata una delle più importanti di questa edizione della rassegna.

Una mostra del cinema segnata dalla paura nucleare e dalle tensioni sociali

Un altro titolo che ha attirato grande attenzione è “A House of Dynamite” di Kathryn Bigelow. Il film affronta il tema della minaccia nucleare attraverso una narrazione che vede un missile supersonico senza nazionalità in avvicinamento agli Stati Uniti, lasciando soltanto diciotto minuti a un presidente per decidere le sorti di tutto il pianeta. L’ambientazione spinge su un clima di tensione estremo, con l’interiorità di un presidente nero chiamato a compiere scelte decisive e dolorose. Il lavoro della Bigelow si inserisce nell’ambito di opere che intrecciano politica e ansia globale.

Tra i protagonisti della Mostra spiccano anche film italiani che affrontano il sentimento del dubbio, come “La Grazia” di Paolo Sorrentino, e documentari come “Sotto le Nuvole” di Gianfranco Rosi. Accanto a questi, “Duse” di Pietro Marcello racconta in modo originale la storia di Eleonora Duse, allargando lo sguardo sul Teatro e sulla cultura. Sul versante fantasy e produzione internazionale, spicca la nuova versione di “Frankenstein” firmata da Guillermo Del Toro, proposta da Netflix con budget elevati e un cast importante, che conferma il valore di Venezia come palcoscenico globale.

I temi del lavoro e della precarietà nella selezione veneziana

Il tema del lavoro emerge con forza in questa edizione. Il film francese “À pied d’œuvre” di Valerie Donzelli affronta la realtà della precarietà e dei meccanismi di sfruttamento nel mondo lavorativo contemporaneo. Il protagonista è un fotografo che lascia tutto per dedicarsi alla scrittura, ma finisce invischiato nel vortice di una piattaforma digitale dove la concorrenza serrata abbassa continuamente i compensi. Clienti e algoritmi misurano ogni prestazione con valutazioni pesanti, trasformando il lavoro in una lotta per la sopravvivenza economica.

Questa rappresentazione acuta della difficoltà di trovare un posto stabile e dignitoso nel lavoro fa da contraltare ad altre storie che affrontano crisi personali e sociali. La Mostra mette così in luce come l’incertezza e l’ansia lavorativa rimangano questioni centrali per molti adulti contemporanei, senza tralasciare un approccio cinematografico realistico, che non cerca soluzioni facili.

camus rivive attraverso “l’etranger” di françois ozon in bianco e nero

Tra i colpi di scena del festival figura, per diversi critici, la trasposizione cinematografica di “L’etranger”, il celebre romanzo di Albert Camus, diretta da François Ozon. Il film è girato completamente in bianco e nero, scelta stilistica che conferisce una fotografia curata e densa di significati, mettendo in risalto i contrasti del testo originale.

La trama racconta la storia di un uomo comune, un antieroe che vive un’esistenza vuota che lo porta all’omicidio e al conseguente processo, durante il quale emerge la sua presa di distanza dal mondo e dalle convenzioni. Nel finale memorabile, la frase rivolta al sacerdote – “Siamo tutti colpevoli e tutti condannati a morte” – riassume con forza il paradosso esistenziale del protagonista. Ozon conferma così la capacità del cinema di riflettere temi filosofici profondi in modo diretto e coinvolgente.


Il programma di Venezia 2025 si presenta come un mosaico di storie e immagini legate ai nodi irrisolti della guerra, della società e dell’esistenza. Ogni opera invita a guardare oltre lo schermo, mettendo a fuoco drammi reali e domande aperte senza semplificazioni. Questo festival conferma il suo ruolo di luogo in cui cinema e realtà si sfiorano e, in alcuni casi, si scontrano.