Venezia 82, Chien 51: il thriller distopico che racconta l’intelligenza artificiale e la frattura sociale
Fuori concorso alla Mostra di Venezia 82, Chien 51 è il nuovo film di Cédric Jimenez che mescola poliziesco e fantascienza sociale. Ispirato al romanzo francese Cane 51 , il film ci porta in un futuro prossimo dove Parigi è divisa in tre zone distinte, separate dalla classe sociale. Qui la polizia si affida a un’intelligenza artificiale che controlla ogni movimento. Un racconto che fa riflettere sulla convivenza tra uomo e macchina e sui rischi del progresso tecnologico applicato alla giustizia.
Parigi divisa e sorvegliata da un’intelligenza artificiale
La storia si svolge in un futuro non troppo lontano, in una Parigi ormai spezzata in tre settori, ognuno definito dalla posizione sociale dei suoi abitanti. A mantenere l’ordine c’è “Alma“, un’IA predittiva che non solo controlla, ma anticipa e punisce i reati prima che accadano. Questo sistema ha rivoluzionato il lavoro della polizia, che oggi dipende quasi completamente da questa tecnologia.
Al centro del film c’è un caso spinoso: il creatore di Alma viene ucciso. Due personaggi si trovano a indagare: Salia , una poliziotta in carriera, e Zem , un agente più disilluso e cinico. I due devono fare squadra, ma dietro l’indagine emergono segreti legati proprio all’IA che dovrebbero usare come strumento. Il film mette in scena uno scontro tra la freddezza della macchina e la complessità dell’essere umano, che cerca di farsi strada in un sistema freddo e impersonale.
Umani e macchine: la vera sfida del film
Cédric Jimenez, già noto per Bac Nord e November, spiega che il film non vuole essere solo un poliziesco o una riflessione sull’IA, ma soprattutto raccontare la relazione tra i personaggi. La scelta di ambientare la storia in un futuro inventato ha dato al regista più libertà creativa, soprattutto perché si parla di un tempo ancora tutto da scrivere.
Durante la preparazione, Jimenez e la sua squadra hanno consultato esperti di intelligenza artificiale per capire come questa tecnologia stia già modificando il lavoro delle forze dell’ordine — anche se non al livello mostrato nel film. Il risultato è una riflessione che usa la tecnologia come sfondo, senza farla diventare la vera protagonista. Il cuore del racconto sono le emozioni, i dubbi e le contraddizioni di chi si trova a convivere con macchine sempre più invadenti.
La giustizia tra uomo e macchina: le parole degli attori
Gilles Lellouche, che interpreta Zem, si sofferma sulla complessità della giustizia quando il giudizio viene influenzato da macchine. Per lui, “la giustizia è una questione delicata, fatta di empatia e di valutazioni su situazioni spesso ambigue, come quelle legate alla violenza.”
Il film disegna un’immagine quasi paradossale: una distopia che però lascia spazio all’umano, a una scintilla di speranza dentro una realtà dominata dalle macchine. Lellouche sottolinea come oggi viviamo in un mondo governato da reti e dati che spesso sfuggono al controllo, creando un ambiente dove diventa difficile distinguere la verità dall’enorme flusso di informazioni e emozioni.
Da qui nasce il conflitto centrale: l’IA contro ciò che è autenticamente umano. Il film prova a mostrare che, in mezzo a questo sovraccarico tecnologico, possiamo ancora conservare qualcosa di vero dentro di noi, una parte capace di gestire le scelte morali più complesse.
Un cast solido per una storia di tensione e contrasti
Chien 51 può contare su un cast di primo piano: oltre a Adèle Exarchopoulos e Gilles Lellouche, ci sono Louis Garrel, Romain Duris e Valeria Bruni Tedeschi. Tutti danno vita a personaggi profondi, immersi in una storia che non è solo azione, ma anche conflitto interiore, in un mondo dove le divisioni sociali sono nette e la tecnologia giudica senza pietà.
Exarchopoulos, protagonista, confessa di “avere più paura della stupidità e della divisione tra le persone che non dello sviluppo tecnologico.” Per lei, sono i comportamenti sociali il vero pericolo per il futuro.
Al festival di Venezia, il film ha catturato l’attenzione per la sua capacità di unire un poliziesco teso a elementi distopici e temi di grande attualità, come l’uso crescente dell’IA nel controllo sociale e nella giustizia.
La Mostra lascia così spazio a un’opera che disegna una Parigi futura ma credibile, capace di riflettere ansie e dubbi su tecnologia e umanità. Un racconto che intreccia tensione e riflessione senza cadere nel melodramma.
