
Il ritorno di Pirandello: Geppy Gleijeses e l'adattamento di "Il Fu Mattia Pascal" al Mercadante - Ilvaporetto.com
Il dramma dell’identità e del doppio torna a splendere sul palcoscenico del Mercadante grazie all’adattamento di “Il Fu Mattia Pascal“, una delle opere più celebri di Luigi Pirandello. Geppy Gleijeses, con la sua sensibilità artistica e il suo spirito innovativo, ha accettato la sfida di reinterpretare un testo complesso e ricco di sfumature, portando in scena le emozioni e tematiche del romanzo in modo fresco. La riscrittura di quest’opera non solo riporta alla luce il genio di Pirandello, ma costituisce un’importante riflessione sulla natura umana e sul concetto di identità.
La sfida di adattare un classico
Quando l’attore e regista Geppy Gleijeses contattò Marco Tullio Giordana per un nuovo adattamento de “Il Fu Mattia Pascal“, il compito si presentò come una montagna da scalare. Risalendo ai ricordi di una riduzione d’autore firmata da Tullio Kezich, Giordana evocò immagini vivide di una produzione storica che nel 1974 segnò il debutto di grandi attori, tra cui Giorgio Albertazzi e Lina Volonghi. La sfida di rappresentare un’opera così articolata richiedeva un’attenta riflessione, non solo sui dialoghi ma sull’interpretazione complessiva del romanzo, creando così un ponte tra il testo originale e il palcoscenico contemporaneo.
Fondamentale è stata l’analisi del primo protagonista, Mattia Pascal, personaggio che non solo narra la storia in prima persona, ma è al contempo intrappolato in un monologo che si intreccia con le vite degli altri personaggi. Giordana temette che la centralità di Mattia potesse far scivolare gli altri interpreti in ruoli marginali. L’idea di utilizzare una voce narrante esterna avrebbe potuto sminuire l’impatto drammatico, trasformando il tutto in una sorta di spiegazione poco avvincente per il pubblico. Il regista e Gleijeses si trovarono quindi di fronte alla necessità di inventare una nuova forma di narrazione, capace di mantenere l’originalità e la complessità del romanzo.
Il ruolo innovativo di don Eligio
Grazie all’intuizione brillante di Geppy Gleijeses, il piano narrativo dell’adattamento si arricchì con la figura di don Eligio Pellegrinotto, un sacerdote colto e bislacco, che diventa una sorta di doppio di Mattia. L’idea di far leggere a don Eligio le parti descrittive del romanzo rappresentò una vera e propria rivoluzione: non solo arricchì la narrazione, ma creò un dialogo fra il personaggio principale e quest’alter ego. Questa reinterpretazione del ruolo di Mattia attraverso gli occhi di don Eligio aggiunse una dimensione nuova, esplorando non solo le esperienze di Mattia ma anche il suo riflesso sociale e culturale.
Grazie a questa scelta, i conflitti interiori di Mattia vennero amplificati da un’altra voce, trasformando l’interpretazione in qualcosa di più profondo. Lo spettacolo non è più un monologo, ma un dialogo complesso che riflette le contraddizioni e le sfide dell’animo umano. Questo espediente consentì di mantenere viva l’attenzione del pubblico, creando un gioco di specchi attraverso cui il tema del doppio e dell’identità si rivelava in tutta la sua complessità.
Un cast e una produzione ambiziosa
Con la decisione di semplificare il cast e le figure secondarie, Giordana e Gleijeses si concentrarono sulla creazione di un’atmosfera leggera ma densa di significato. L’obiettivo non era solo quello di portare in scena la storia di Mattia Pascal, ma di farlo in un modo che fosse accessibile e fruibile, anche in contesti di minor spazio. Una scelta che ha permesso di mantenere viva l’essenza di Pirandello, senza opporre barriere che avrebbero potuto allontanare il pubblico contemporaneo.
La scenografia, sofferte a scelte coerenti e innovative, si avvale di tulle che calano dal soffitto, creando una dimensione eterea e multipla. Ogni tulle diventa uno schermo per proiezioni che ricreano atmosfere diverse, rendendo la narrazione visivamente coinvolgente. I riferimenti storici, come le immagini di Roma del primo Novecento, trasportano lo spettatore indietro nel tempo, evocando il contesto sociale che fece da sfondo alle esperienze di Mattia.
La presenza di temi universali
Nel mantenere il focus sui temi pirandelliani come l’identità e la ricerca interiore, Giordana si è imposto di rimanere fedele al contenuto originale del romanzo. Nonostante il passare del tempo, le problematiche affrontate da Mattia rimangono rilevanti. L’incertezza dell’identità e la crisi dei valori fondamentali sono questioni sempre attuali, specialmente in una società complessa come quella odierna.
L’epoca storica nella quale è ambientato il romanzo è accentuata anche dai costumi pensati da Maria Chiara Donato, che riescono a ricollegare lo spettatore a un secolo fa, quando i ruoli di genere e le dinamiche sociali erano ben delineati. Questo sapiente uso di elementi visivi e narrativi colloca il dramma di Mattia non solo come una riflessione sulla vita all’inizio del XX secolo, ma anche come un invito a esplorare le identità in continuo mutamento del mondo contemporaneo.
L’adattamento del “Fu Mattia Pascal” si prospetta quindi come un viaggio affascinante e stimolante, un’opera che non solo porta alla ribalta uno dei capolavori della letteratura italiana ma invita ciascun spettatore a interrogarsi sul proprio cammino di vita e sulla ricerca dell’autenticità.