
Ergastolo richiesto per l'ingegnere che ha ucciso l'ex compagna a Roma: il caso di Costantino Bonaiuti - Ilvaporetto.com - Foto generata con AI
Il 13 gennaio 2023, il tranquillo quartiere Tuscolano di Roma è stato teatro di un delitto che ha scosso profondamente la comunità. Costantino Bonaiuti, ingegnere di 61 anni, ha sparato e ucciso la sua ex compagna, Martina Scialdone, in un tragico evento avvenuto davanti al fratello della vittima. Oggi, la procura di Roma ha chiesto la condanna all’ergastolo per Bonaiuti, con l’aggiunta di 18 mesi di isolamento diurno, mentre emergono dettagli inquietanti sul contesto dell’omicidio.
La cronaca dell’omicidio
Il conflitto tra Costantino Bonaiuti e Martina Scialdone ha avuto il culmine in una serata in cui è venuto a galla un clima di tensione vissuto per mesi. Martina si era allontanata da una relazione che mostrava segni di sofferenza e, influenzata dalla volontà di ricostruire la propria vita, aveva iniziato a frequentare un altro uomo. Questo cambiamento ha innescato una reazione violenta in Bonaiuti, secondo quanto riportato dalla pm Barbara Trotta durante la requisitoria.
Secondo la ricostruzione, la lite è esplosa di fronte al ristorante dove Martina si trovava. Al momento dell’episodio, il fratello di Martina, intuito un potenziale pericolo, era accorso sul posto. La pm ha sottolineato come la motivazione che ha portato Bonaiuti a compiere un gesto così estremo sia stata la determinazione di Martina di affrancarsi dalla sua influenza e trovare nuova libertà. Il delitto si è consumato in un contesto di disperazione e impotenza, in cui la scelta della donna di interrompere la relazione è stata percepita come inaccettabile.
L’accusa e le motivazioni
Bonaiuti affronta l’accusa di omicidio volontario aggravato, definito non solo dalla gelosia, ma anche dalla circostanza di avere premeditato l’atto. È emerso che l’uomo si era dotato di un’arma, una pistola semiautomatica Glock, di cui deteneva il porto per uso sportivo, e l’aveva portata con sé all’appuntamento sapendo che Martina avrebbe discusso la volontà di chiudere definitivamente il loro rapporto.
Durante l’udienza, è stato messo in evidenza un elemento particolarmente inquietante: Bonaiuti aveva installato un dispositivo GPS nel cellulare di Martina per seguirne ogni spostamento. Questa dinamica ha posto in evidenza un forte controllo da parte dell’imputato nei confronti della vittima, rivelando un aspetto disturbante della loro relazione. “Martina si trovava in una situazione complessa, divisa tra il desiderio di libertà e la paura”, ha commentato la pm, segnando la tragedia non solo come un caso di violenza ma come un esempio delle difficoltà intime che molte donne devono affrontare.
La testimonianza e la fragilità della vittima
Nel corso della requisitoria, la pm ha illustrato come la complessità del rapporto tra Bonaiuti e Scialdone contribuisse a vari episodi di confusione e ambivalenza. La decisione di Martina di troncare la relazione, pur essendo netta, non si è tradotta in un allontanamento definitivo. La dinamica affettiva tra i due era piuttosto tumultuosa, una fusione di amore e paura. Questo complesso intreccio ha portato Martina a un ultimo incontro fatale, un errore comune in molte donne che si trovano a fronteggiare relazioni tossiche.
La vicenda di Martina è emblematica di una condizione più ampia, che coinvolge numerose donne che faticano a liberarsi di legami dannosi. La testimonianza di questo caso, con tutte le sue sfaccettature, si erge a monito e riflessione su come la fragilità emotiva possa avere conseguenze drastiche e tragiche. La richiesta di ergastolo per Bonaiuti si inserisce, quindi, non solo in una logica di giustizia, ma anche in un tentativo di dare voce a tutte quelle donne che, come Martina, combattono contro l’ombra della violenza e del controllo.