
Condominio, nulla la clausola che vieta l’uso delle parti comuni
Secondo l’ordinanza del Tribunale di Udine, n. 288/2025, il regolamento condominiale non può vietare genericamente l’uso delle parti comuni. Le clausole limitative devono essere esplicite e dettagliate.
Una condomina aveva installato tubature del gas lungo il muro esterno dell’edificio, dopo aver condiviso il progetto con l’amministratore e gli operatori tecnici coinvolti. L’intervento, completato nell’ottobre 2021 e collaudato il mese successivo, era stato documentato con aggiornamenti inviati via e-mail, corredati da foto e report tecnici.
Tuttavia, una delibera assembleare del 17 dicembre 2021 aveva ordinato il ripristino della facciata entro 30 giorni, minacciando azioni legali in caso di mancato intervento. L’assemblea si era appellata a una clausola del regolamento che vieta agli occupanti dell’immobile “qualsiasi atto che possa turbare la sicurezza, l’estetica, la tranquillità, l’igiene ed il decoro del condominio o di singole sue parti”.
Il caso è stato portato davanti al Tribunale di Udine, che con ordinanza n. 288 dell’8 aprile 2025 ha ritenuto inapplicabile la clausola, in quanto troppo generica per comprimere un diritto di comproprietà regolato dall’art. 1102 del codice civile.
La clausola vaga non basta a impedire l’uso delle parti comuni
Secondo il giudice, una limitazione dei diritti dei singoli condomini può essere legittima solo se contenuta in regolamenti contrattuali e formulata in modo chiaro, specifico e non interpretabile estensivamente. La clausola citata nella delibera non definisce in quale modo preciso il condomino non dovrebbe usare le parti comuni, e per questo motivo non può vietare l’installazione delle tubazioni.
Inoltre, è stato riconosciuto che l’intervento non ha alterato la destinazione d’uso del muro, né ha impedito agli altri condomini di farne uguale uso, come previsto dal principio codificato nell’art. 1102 c.c..
La Cassazione, nella sentenza n. 21307/2016, aveva già chiarito che ogni restrizione ai diritti condominiali deve emergere da formulazioni inequivoche, altrimenti non può essere imposta. A ciò si aggiunge la Cass. civ. n. 7864/2022, che esclude il divieto di modifiche in assenza di pregiudizio concreto alla funzione, all’uso altrui o al decoro.

Il Tribunale ha affermato che la posa delle tubazioni del gas costituisce un uso legittimo del muro perimetrale comune, poiché non ha modificato né la struttura dell’edificio né la sua destinazione di sostegno.
Nessun danno è stato dimostrato al decoro architettonico, né è stata riscontrata una rilevante disarmonia percepibile da un osservatore esterno. Non è richiesta una specifica autorizzazione da parte dell’assemblea, in assenza di espliciti divieti regolamentari.
Infine, il giudice ha ribadito che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, l’utilizzo delle parti comuni è consentito a ogni condomino a condizione che tale uso non impedisca agli altri di esercitare il medesimo diritto.
Nessun obbligo di ripristino per l’opera eseguita
Alla luce dei fatti, l’ordinanza ha ritenuto illegittima la richiesta di rimozione dell’impianto. L’intervento della condomina rispetta tutti i criteri previsti dalla normativa e non viola il regolamento condominiale, che manca di indicazioni specifiche al riguardo.
Il Tribunale ha così fornito un chiarimento importante: una clausola generica non può limitare un diritto reale, a meno che non sia sostenuta da formule contrattuali esplicite, in linea con gli orientamenti della Cassazione. L’installazione di tubature, quindi, può avvenire legittimamente se non crea impedimenti, alterazioni strutturali o danni visibili e non rispetta solo “il decoro”, ma la sostanza del diritto.